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Sogno numero tre

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calcinculo001
Nel tunnel delle lenzuola.
Sempre più giù nel nero tenebra.
Sarebbe rimasto sospeso per qualche ora sulla cima del grattacielo.
Come in quelle foto un po’ chapliniane del Rockfeller Centre in costruzione.
Gli operai irlandesi a mangiarsi il panino a duecento metri da terra.
Settanta piani di modernità senza barriere.
Sorridenti di una specie di age d’or del ritmo industriale.
Del ferro e dell’acciaio.
Ma lui era sospeso sul legno senza nessun Charles Ebbets a fotografarlo.
Solo una trave di legno su cui stare.
Ed un tetto che veniva giù pezzo per pezzo.
Sull’altro lato del tetto una passarella gira, anche lei.
E porta l’amico di sempre.
Lo fa volare in alto. E non sembra leggero.

bruciature sulla schiena

Un rumeno rompe il computer e continua a chiamarlo televisione mentre noi si fa un enorme barbecue in collina.
Sembra quasi California.

switch-off

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switch-off
Da oggi la tele si esprime solo per interminabili formicolii. E non avevo mai pensato a quanto fosse stuperno uno schermo formicolante.
Certe scoperte fanno bene all’anima.
Anche l’assenza della pubblicità fa bene all’anima.
Switch off.
E nel nero del segnale che se ne va – del segnale che muore e risorge digitale – ombre oscure hanno turbato la mia notte.
L’indecisione, intanto.
Avrei potuto comprarlo quel maledetto decoder.
Avrei potuto farmi un’esistenza televisiva nuova di zecca.
Avrei potuto approfittare della grande opportunità, la scelta che aumenta per l’utente soddisfatto.
La libertà del telecomando moltiplicata per 100.
Le facce della politica che mi si replicano su unmilionetrecentomilaCANALI.
E le visioni, sublimi e terribili.
Mi sfrecciavano nei sogni culi e tette rifatte.
Il botulino per il ragazzino.
I denti bianchi e le sfere colorate immerse in acqua a 40° (QUARANTAGRADI!).
Assorbenti e gonfiori di stomaco.
Nello scorrere interminabile della pellicola REM realizzo che nessuno potrà più informarmi sulle conseguenze di una corretta alimentazione.

E poi, le ombre più oscure di tutte.
Mi compare in sogno Maurizio Costanzo che si trasforma lentamente, inesorabilmente, in Jabba the Utt, e sbava, lento, sul mio cuscino.
Vuole rendermi suo schiavo.
Azzurrovestita come madonna televisiva, arriva lei. Maria de Filippi.
E la sua voce viene da una caverna profonda fino nel mezzo delle viscere della terra e le sue mani sono lunghe come quelle della Sorella Secca.

E poi c’è mia nonna, che mi chiama.
Dopo lo switch-off anche chi aveva già comprato il decoder dovrà partecipare al rito collettivo.
Il grande sortilegio digitale che tutti i canali imposta e riordina intelligentemente.
Magicamente.
—————- Hai già impostato i preferiti nel tuo decoder? —————-
Il grande sortilegio, si.
E mentre esercito la potenza dell’interfaccia lei, la nonna, dice.
“…perché c’avevo pure pensato a lasciare perdere… ma casa, oggi… m’ha fatto un’impressione strana”
L’elettricità era venuta meno, o meglio, l’elettricità impazziva sul fosforo, di formiche nere su polvere bianca.
E mancherà anche a tutti gli altri televisori stuperni l’elettricità.
Quelli lasciati a marcire nei container delle Oasi Ecologiche, che non si congiungeranno mai ad un decoder, benché nuovi, nuovissimi.
Essi non godranno dell’ebbrezza dei cento canali.

turing

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copyright - ArtMobbing - rk22.com
Vedi?
Sarà come schivare
La rosa della botta
Passare in questa maglia stretta
di zero ed uno
Ed evitare il suicidio

Ma
Non sarà poi tanto originale
Non come, almeno, la mela
al cianuro
di chi sapeva
Allora più di ora.

due mesi

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due mesi - copyright rk22.com
ed al terzo sarà lutto

E’ fatica scrivere

come un anonimato
come sogno lontano
come meccanica che non si avvera
(ruota all’incastro)

come anestesia

…o acqua per il cranio
…o per il cemento

come forzatura

che

dovresti

echenonpuoi
perché eri lontano
a n n i
l u c e
dal tuo mondo

a questo battere
(ed era solcare)
ad un ordigno
pretese poetiche

risponda la carta
il tuo foglio risponda

e sarà
sangue

la città senza gatti: chats perchés

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chat perché alla manifestazione del primo maggio
Parigi. Il suo romanticismo.
Chat Perchés, ultimo documentario per la televisione di Chris Marker è una storia sul tempo e sulla libertà.
L’autore ripercorre due anni di vita sociale parigina partendo dalla misteriosa comparsa dei gattini gialli sui muri della capitale francese per fare la storia emozionale dell’ile-de-france, microsistema sentimentale, cuore pulsante dell’esagono, specchio così vicino e così lontano dalla vita della nazione.
Aggregazioni di persone in lotta per la libertà, risvegli, attacchi artistici, riflessioni di strada, manifestazioni.
Dalla fine del 2001 al 2003: la nevrosi delle presidenziali in cui Le Pen passò al secondo turno aprendo la strada alla “vocazione socialista” di Chirac; la manifestazione contro l’AIDS, con i campi di Marte invasi da una folla di cadaveri; l’azione concettuale degli ombrelli al Beaubourg; i nastri trasportatori di Chatelet; la sollevazione contro le prime operazioni belliche in Iraq.
Parigi come museo a cielo aperto o sommerso nei tunnel rivestiti di bianco della RATP. Parigi come città vocata alla rivolta. Parigi come immensa bande originale fatta di “attentifs ensemble” ed insolite orchestre russe.
Nella topografia stessa dela città sembra risiedere la sua tendenza all’aggregazione: dieci milioni di cuori sparsi fra i venti villaggi chiamati arrondissement. La metropolitana come sistema linfatico, riserva di incontri, d’amori e di visioni.
Le immagini ed i volti scorrono. La bellezza si rivela nel quotidiano degli sguardi, nei bambini che inseguono le luci colorate sul pavimento, nel collo bianco latte di una donna, nella fissità di una orientale sulla banchina.
Il tempo collettivo come tempo privato e vice versa, in un percorso che mostra il contemporaneo nel suo significato primario e cioé compresenza di azioni e visioni.
Nulla sfugge all’occhio amatoriale della piccola camera che fa le sue visite periodiche al gatto (reale) bolero ed al suo umano, a Strasbourg St. Denis; che verifica la sparizione dei gatti (disegnati) sui muri; che scopre i mosaici degli “space invaders” agli angoli della strada; che coglie l’anonimato degli uomini neri col palloncino rosso; che rimane puntata in terra, a ritrarre gli stencil colorati e le follie artistiche che di tanto in tanto rinnovano la pelle del cemento ed i mattoni del centro storico.
Parigi nella sua essenza di vertiginosa metropoli poetica.

ossa

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os

Lavato al sole

E le mie ossa
Ho raccolto
dalla                         POUBELLE                         del tempo
dal                              MIO                                letto
Dove
Per otto notti
Ho giaciuto
Ed uno spazio infinito
Che in POLVERE consuma
Il mio cervello
E le mie dita ingrate
O stanche

Ho scritto
Come chiamare un'ambulanza
Come spostare i miei sogni
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only for the sky

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only for the sky

Per questo, forse, cambian le stagioni
Per scurirti il volto
Indurire
emozioni.
Ed è subito inverno
E più non scrivo
La mia ginnastica per il midollo
La mia ginnastica del cervello
Non riposo
Benché stanco
E più non sogno
Se non d’affiche molli alle sporche mura
di casa mia
Benché stanco
Come sempre
Benché
io non riposi