archivio per quasi una storia

biocuore

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ogni riferimento alle vicende di Sonny Graham e Terry Cottle è puramente intenzionale.

take my heart - photorights artMobbing
E’ morto ieri, ucciso a coltellate, il prof Aldrich B. Knight, medico e direttore di una delle prime équipe al mondo a sperimentare le tecniche di ricostruzione degli organi attraverso l’azione combinata di cellule staminali e nanopolimeri.
La polizia ha arrestato dopo poche ore l’autore dell’omicidio, Calvin Cordon, identificato subito attraverso i filmati delle videocamere a circuito chiuso della villa del dottore e portato d’urgenza all’ospedale, in preda ad un violento attacco di febbre. Gli inquirenti non hanno dubbi sull’identità dell’omicida: pare che l’uomo – in cura in una clinica del New England per i trattamenti anti-rigetto cui era costretto dopo un trapianto tradizionale di cuore – perseguitasse il medico da oltre dieci mesi.
Il prof. Knight aveva segnalato più volte alle autorità giudiziarie che Cordon pretendeva di vivere nella sua casa di Barringhtom, non lontana dal laboratorio sperimentale per i bioimpianti “Neoplast”.
Il laboratorio saltò all’onore delle cronache quando Knight vi effettuò il suo primo intervento di ricostruzione cardiaca totale (TCG – Total Cardiac Genesis) al paziente Arnold Bloom, nel 2025.
Da allora, per quindici anni, Bloom ha portato nel petto un cuore generato in provetta.
La tecnica staminale lo aveva salvato da morte certa: l’équipe medica condotta dal professore aveva realizzato una copia esatta del suo sistema cardiaco usando la nota tecnica della ricostruzione polimerica, che consiste nell’innestare un gruppo di cellule staminali su una rete di polimeri citodegradabili, che si lasciano sostituire dalle cellule staminali mano mano che esse si trasformano in muscolo.
Il cuore gli si era fermato alla fine del 2024 a causa di un lungo e spossante stato febbrile che aveva messo a dura prova il suo sistema cardiocircolatorio. Qualche settimana per la coltivazione in vitro delle staminali prelevate dal suo ombelico mentre il paziente era mantenuto in vita da un cuore artificiale ed oltre un anno di terapie dirette dal prof. Knight era stato il tempo necessario al recupero, ma anche il periodo in cui la moglie aveva iniziato una relazione con il celebre professore.
Da allora il divorzio ed una lunga crisi depressiva che avevano portato l’anno scorso A. Bloom al suicidio nella sua casa di Pataloona, nel News Mexico, fatto che venne riportato da tutti i mezzi di informazione in quanto Bloom dichiarava, primo al mondo, nel suo testamento biologico di voler donare tutti i suoi organi, compreso il cuore bioricostruito.

Allah, Google, i pescivendoli [epilogo]

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digitEpilogue - photorights artMobbing
Click.
Apro il mio portatile.
Click click click.
Goooooooooooglemap.
Magari una schiena.
Magari anche solo i tappeti. O i mucchi di scarpe.
Magari un commento.
Escludo i supermercati e le attività commerciali.
Escludo tutto.
tuuuuuuuuuutti i layer fuori!
Voglio solo la consapevolezza.
Voglio solo i commenti.
Voglio sapere, perché la realtà è più vera se è registrata o fotografata su Google.
Trovo solo WIFI. Public WIfi.
A Poissonniers c’è un public wifi?
Uh?
è questo allora? Allora è questo?
Ah si?
Anche Dio lo passano in wifi?

Allah, Google, i pescivendoli [III]

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moskeeeeeeeeeee - copyright artMobbing @ rk22.com -
Avresti sbarrato gli occhi, per dio.
Anzi, avresti fatto tremare tutto il tuo silicio nonspirituale.
Avresti visto schiene.
Centinaia, migliaia, di schiene.
Poissonniers, poilonceau, richehomme, myrha.
Tutte occupate.
Quelle che montano, come richehomme, sono impercorribili.
La carreggiata è una distesa in preghiera. Non c’è verso di passare.
Poissonniers rimane ribera, è vero, ma bisogna camminare sulla carreggiata.
Scarpe dappertutto.
Teppeti ovunque.
Per farli pregare al coperto ci vorrebbe più di una moschea.

Cammino su un tappeto di devozione.
VOLO.
E sento le preghiere del minareto solo da lontano.
E rabbrividisco.
Chi passa, come me, è silenzioso.
Forse si pone il problema di Dio.
Silenzio!
Si prega per le strade.
L’alzarsi e l’abbassarsi muto delle teste fa rumore.
Come un fruscio generalizzato.
Fruscio in decibel.
Forse è il fruscio di Dio.
Ed il fruscio di Dio si declina in decibel.
Rumore silenzioso.

Mi sembra tutto poco lucido.
Alla fine dei poissonniers ci siamo. Il boulevard.
La strada lo incrocia a 30°, di taglio.
Un marciapiede accompagna l’intersezione, arrotondato, verso Barbes.
E’ l’ultima penisola di corpi nel traffico.
I pedoni, ordinati, aggirano, passando sull’afalto della pista ciclabile.
Più avanti una serie di mendicanti e di storpi hanno smesso di allungare le mani alla folla.
Pregano pure loro, prostrandosi ad Allah come possono.
Come Allah permette loro.
Come Allah ha deciso per loro.
Più avanti ancora il solito traffico di marlboro, proprio al riparo, sotto i pali della station aérienne.
E potrei parlarvi di che novità tecnologica rappresentava questa stazione.
Sogno tecnologico o riparo per gli spacciatori di Marlboro?
Il tempo ha deciso per la seconda opzione.

Allah, Google, i pescivendoli [II]

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google o allah?
Alle 13.30 però Parigi me la dimentico per davvero.
Dimentico tutto, anzi.
E mi pare di affondare in un sogno magnetico.
Vedo tutto dietro una lente di plastica. La luce parassita entra in un istante e solca lo sguardo di taglio.
Lunghe righe convesse tracciano la superficie umida delle mie iridi.
Bagliori.
Mi sembra tutto fotografato da una Holga.
Mi sembra tutto troppo strano.
Sarà che ho la maglietta intrisa della sera prima.
Sarà che ho il maglione intriso della birra della sera prima.
Sarà che ho dormito poco.
Sarà che le viscere mi si rivoltano in uno spasmo e che le sento incollate dal resto della schiuma.

Non basta neanche il croque che mangio, disgustato.

Sarà il fumo blu?

O forse è reale.
Bisognerebbe controllare su google map se il giorno in cui il punto geometrico spaziale, il satellite, è passato sulla precisa vericale dei poissonniers, bisognerebbe domandarsi se questo punto inesistente, se queste ascisse ed ordinate senza volume alcuno, non siano esse per caso passate di qua, sulla verticale dei poissonniers proprio di venerdì.
Magari un venerdì alle 13.30.
Magari anche lui, stanco, ubriaco.
Reduce da una nottata in cui il sole ha lambito di sbieco soltanto i suoi pannelli fotosensibili e pertanto stanco.
Satellite stanco ed ubriaco.
Stellite dopo la festa: guarda qui, satellite.
Guarda sulla verticale della rue poissonniers alla una e trenta minuti del pomeriggio.
Di venerdì.

Allah, Google, i pescivendoli [I]

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streetbière - photorights artMobbing @ rk22.com
La notte ai tre fratelli è stata.
Nel senso che è passata.
Mi stringo nel saccoletto. E non so dove sta il nord e dove il sud.
Anche perché in barba alla persona geografia di Parigi da questa parti quando si va a sud si sale e quando si va a nord si scende.
Dice: e allora?
Allora nella precipua geografia di questa città quando sei a nord e scendi la discesa di solito vai al centro.
Quando sei ad est e scendi la discesa.
Lo sai: vai al centro.
Qui no.
Perché poissonniers contorna la collina di montmartre e si lascia dietro una discesa, fino al peripherique.
Per cui, se applichi il principio della discesa ti trovi a fare il viados sul raccordo anulare.
Oppure ti deprimi semplicemente.
Oppure non sai più tornara a casa.
Ora però non cado più nella piège.
(e ce ne è comunque voluto di tempo, e ce ne sono voluti comunque di amici nel diciottesimo)
Ora però non so neanche dove sto io.

Alle 13.00 i rumori dello chateau rouge sono come morbidi.
Rumori molli.
Faticano ad uscire dalla foschia.
E da questo freddo.
Si incollano al nulla.
All’aria.
Non ti lasciano respirare.
Si incollano alle pietre delle case. Ed al pavé, che così non riesce ad asciugarsi.
Il pavé in questo budello stretto della rue poissonniers è sempre viscido.
La notte è viscido di alcool e vomito.
La mattina è viscido delle pompe ad acqua di propreté paris.
Il pomeriggio è viscido delle scorze e degli ortaggi che
le negre
rotonde
di queste parti
vendono

per la strada.

Come fossimo in africa.
Che vendono?
Cazzo non lo so.
E’ come una foto persa.
Ci puoi girare e rigirare intorno. Non la riavrai mai.
Perché il tempo non torna.
Dice: ma a Poissonniers ci torni quando ti pare e chiedi.
Si, risponde, ma non sarà più la stessa cosa.
Ed ora io vorrei avere parlato con una di queste uova nere che se ne stanno dal primo pomeriggio al freddobuio della notte a vendere.
Il bello è che vendono davanti agli occhi dei fruttivendoli.
Davanti agli occhi di chi ha un negozio.
Non si capisce neanche se facciano concorrenza.
Il negozio non ha gli stessi frutti loro?
Allora perché non li vendono al negozio?
Il sacco nero di plastica arrotolato davanti.
Un coltello per giocare.
Sembrano vecchie e bellissime e rotonde e grasse puttane in attesa dei clienti.
Ed invece vendono delle specie di melanzane nere.
Melanzane nere e basta.
Non hanno niente d’altro, se non le parole con cui empiono questo budello fino in cima. Fino ai tetti della rue poissonniers.
Tanto per farsi caldo.
Tanto per farci dimenticare Parigi.
E pensare che io non mi ricordo neanche dove sto dormendo.
Oddio. Pensare che non mi ricordo neanche dove sono.

kinkaleri: ad ovest della tua morte

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Strappi improvvisi della realtà come illuminazioni: l’arte non contribuisce più all’interpretazione del reale. Essa è – semplicemente – in un atto.
In una sequenza di morte.
O in un eccesso di violenza rabbiosa ed ingiustificata.
L’estetica di Kinkaleri è un’azione diretta sulla ghiandola pineale. Stimolazione sensoriale pura con al centro l’imprevedibilità dell’azione. O la sua assoluta prevedibilità, ottenuta nella reiterazione di gesti e fatti insoliti ma dalle apparenze del tutto ordinarie.
Atti che diventano reagenti chimici, creando una interazione sottile ed imprendibile col reale e liberandone l’immagine latente, come pellicole o daggherotipi mentali.
È questo il gioco di WEST, progetto giunto alla sua ultima tappa con una sessione di riprese a New York a fine novembre, ed il cui esito sarà una videoinstallazione, sorta di sequenza casuale di interruzioni di vita. L’idea è semplice: nel contesto urbano occidentale filmare finte morti, cadute concertate quasi per caso con passanti più o meno consapevoli.
È il gioco della presenza. Essere qui ed ora e chiedere ad uno sconosciuto di simulare un improvviso decesso: gesto normale per un bambino ma che per un adulto si rende reale e dunque possibile solo nella protezione della finzione, dentro la scatola ottica dello schermo, dentro ad un caleidoscopio di sicurezza.
Una serie di e-mail dà l’appuntamento: vi si legge

« VIDEOCAMERA X, SAT 24 Nov 2007
10:30 am – Battery Park: at the entry of Battery Park, corner Battery Pl. / Greenwich Street
02:30 pm – South Street Seaport: corner Fulton Market / South Street »

Appuntamenti al buio, dettati da una intenzionalità o semplicemente dalla compresenza, hic et nunc, di corpi cittadini.
Quante compresenze si contano nelle nostre città?
Infinite.
Eppure ce ne accorgiamo solo quando esse si realizzano con un individuo conosciuto, con qualcuno che ci è già noto e che ha già condiviso una parte anche minima della nostra storia.
Ma non è più straordinario che io e te mai visti prima d’ora siamo nello stesso bar?
Non è straordinario pensare a come vite che non si sono mai scontrate, improvvisamente cadano nello stesso punto, in una contemporaneità, provenienti ciascuna da un suo percorso, da una sua strada, da una sua sequenza di esperienze tutte individuali?
La città occidentale scorre sempre nella stessa direzione e noi, come fibre tirate dalla corrente di questo fiume, la seguiamo.
E se ci fermassimo?
Presenze ed azioni, organizzate sempre più in maniera verticale, sincronica: ecco cos’è la metropoli.
E se ci fermassimo?
E se guadagnassimo una posizione orizzontale?
Restare a guardare la città e crollare, mentre la città continua a guardarci ed a scorrere, indifferente: chiedere un gesto antico (eppure nuovissimo), un gesto superfluo, ad uno sconosciuto. Ottenerlo e fissarlo nella labilità del video ed acquisire la coscienza di quanto sia superfluo ciò che il nostro mondo spaccia per necessario.
Rompere il ritmo ed uscire dalle sue necessità: un atto di forza che però rinuncia all’eroismo per parlare solo in termini di storia minima.
Storie minime di morte.
Perché anche la morte, nel nostro presente, è routine e messa in scena. La morte, nel nostro occidente, ha rinunciato alla ferinità, al rito, al tragico, al magico. La morte è una interruzione, staccare il filo, perdere il ritmo.
Quelle di Kinkaleri sono decessi che operano in autonomia, privi di qualsivoglia componente comportamentale o interpretativa; morti prive di un senso antropologico, “ultime cadute possibili” in un mondo che, visto con appena un millimetro di scarto all’esterno, ci sembra sempre più improbabile.

Esercizio di memoria III. Fisica. Libri. [parte VI]

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Additare col dito di mezzo
Questo dito si dimanda medio, perché è posto nel mezo degli altri, & anco medico, perché i Medici l’adoperano à distendere gli unguenti, e anco impudico, perché distendendolo, & raccogliendo l’indice, e l’anellare rappresenta la forma del membro genitale: onde Martiale dice: Ostendit digitum sed impudium.
Giuuenale: cum fortuna ipse minaci
Preberet laqueum, mediumque ostendere unguem.
E Persio apertamente lo chiama infame:
Frontem atque uda labella
Infami digito, & lustralibus ante saliuis
Expiat. Di che parla più particolarmente Suida, & anco Giouan Battista Plautio di Persio commentatore. Esser mostrato adunque con questo dito è atto di scherno e di opposta infamia. E però Martiale disse:
Rideto multum qui te Sextile cinedum
Dixerit & digitum porrigito medium.
Dimandando con grande istanza alcuni hospiti à Diogene, che loro mostrasse Demostene, perche desiderauano di uederlo, per la celebrità del suo nome, glie lo additò con questo dito infame, per notarlo d’impudicitia. Scriue Suetonio che quando toccaua a Fannio Cherea, uno dei centurioni di quella Cohorte che era alla custodia dell’imperatore andar a lui per riceuere il segno, che doueua seruir per la seguente notte, Caligula per uilipenderlo, e sprezzarlo gli faceua con le mani un gesto uile, & obsceno, dicendo quello essere il segno che gli daua; di che si ebbe tanto a male questo centurione, che gli congiurò contra, e l’uccise. E anco simbolo di dappocaggine, e di pigritia, per essere più debole degli altri, ancorche maggiore, il che auiene, perché è in sito tale, che non si essercita, come il pollice e l’indice, e cosi accade agli huomini, che stanno ociosi senza adoperarsi.