Allah, Google, i pescivendoli [III]
scritto mercoledì 2 aprile 2008 alle 10:00
Avresti sbarrato gli occhi, per dio.
Anzi, avresti fatto tremare tutto il tuo silicio nonspirituale.
Avresti visto schiene.
Centinaia, migliaia, di schiene.
Poissonniers, poilonceau, richehomme, myrha.
Tutte occupate.
Quelle che montano, come richehomme, sono impercorribili.
La carreggiata è una distesa in preghiera. Non c’è verso di passare.
Poissonniers rimane ribera, è vero, ma bisogna camminare sulla carreggiata.
Scarpe dappertutto.
Teppeti ovunque.
Per farli pregare al coperto ci vorrebbe più di una moschea.
Cammino su un tappeto di devozione.
VOLO.
E sento le preghiere del minareto solo da lontano.
E rabbrividisco.
Chi passa, come me, è silenzioso.
Forse si pone il problema di Dio.
Silenzio!
Si prega per le strade.
L’alzarsi e l’abbassarsi muto delle teste fa rumore.
Come un fruscio generalizzato.
Fruscio in decibel.
Forse è il fruscio di Dio.
Ed il fruscio di Dio si declina in decibel.
Rumore silenzioso.
Mi sembra tutto poco lucido.
Alla fine dei poissonniers ci siamo. Il boulevard.
La strada lo incrocia a 30°, di taglio.
Un marciapiede accompagna l’intersezione, arrotondato, verso Barbes.
E’ l’ultima penisola di corpi nel traffico.
I pedoni, ordinati, aggirano, passando sull’afalto della pista ciclabile.
Più avanti una serie di mendicanti e di storpi hanno smesso di allungare le mani alla folla.
Pregano pure loro, prostrandosi ad Allah come possono.
Come Allah permette loro.
Come Allah ha deciso per loro.
Più avanti ancora il solito traffico di marlboro, proprio al riparo, sotto i pali della station aérienne.
E potrei parlarvi di che novità tecnologica rappresentava questa stazione.
Sogno tecnologico o riparo per gli spacciatori di Marlboro?
Il tempo ha deciso per la seconda opzione.