oceanofiume

scritto sabato 30 settembre 2006 alle 20:09

Nel nero dell’acqua.
Corale, ancora. Nuotare, ancora.
All’infinito. All’esterno.
Fino a che l’acqua non chiami altra acqua.
Stavolta dolce. Quando sulle labbra ancora si articola un abbecedario salino.
Acqua di fiume, insomma. Popolata di una foresta scura di alghe.
Marrone secco. Marrone autunno.
Ed arrivare all’insenatura. Vedere una costa che è anche argine.
Bordo.
Ed una cancellata davanti, che ci impedisce di uscire. Restiamo a mollo.
E guardiamo tre figure su una strada già vista in Grecia.
Le piantagioni fra Larisa e Thesaloniki. Il paese che vedevamo da lontano.
Irraggiungibile a piedi.
La stessa rocca. Ma Orvieto.
E gli uomini che scavano sul muro. Ed armeggiano come a drogarsi.
Scivola sul bordo.
Entra nell’acqua.
E per noi non è più il momento di uscire. Né di restare dentro.
Solo il momento di essere a mollo. Nel limbo. Nella placenta dell’acqua.

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