Esercizio di memoria II. Topografie. Acque.

scritto sabato 17 febbraio 2007 alle 14:37

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La polizia va in motoscafo, mica a nuoto.
La polizia naviga rapida in linee rette che tagliano le virate nevrotiche della Senna.
Più rapida delle chiatte.
Atalante.
Più rapida della corrente.
Atalante.
Più rapida del legno più rapido da qui al Canal dell'Ourcq.
Basta controllare, del resto, e non rimane che chiudere gli occhi. Sperando nell'incrocio fortunato, l'azzardo strano, fra la chiatta più lenta, il legno più rapido, il detrito sonnacchioso a pelo d'acqua ed il motore roboante del piroscafo blu.
Quello con i fucili dentro ed il lampeggiante blu.
In caso di caduta o annegamento chiamare questo numero.
Cazzo: numero verde. Salvi la vita ad un uomo e non spendi neanche un centesimo in più dal tuo fottutissimo forfait bouyges.
Forfait mensile buygues. (ovvio che non spenderai mai il minimo garantito: sms di invito a cena per i tuoi potes: 30cent, sms d'amore alla fille incontrata per caso sul metro: 30cents, sms di saluto al compagnon di bevuto che parte per un futuro più roseo sulla piattaforma petrolifera: 30cents, sms nero corvino di estratto conto alla tua banca: 60cents; telefonata per salvare la vita ad un uomo: non ha prezzo. Ma solo se chiami in teleselezione.)
Ma io e Gildas dobbiamo girare la testa per guardarci. I piedi sono sulla stessa linea d'ombra. Le mutande rosse ed il fascino demi poile.
Uomo demi poile.
Demi
Poile
E non si capisce perché anche io sia diventato una specie di ratto. Dovrebbe essere lui il più ratto di tutti: sfuggente e sinuoso nei labiriririririririnti del metro che ha imparato a conoscere dall'infanzia.
Angolo sud est. Borgata Montreuil.
E a guardare la punta verde dell'isola della città tappezzata di lenzuoli a scacchi e birre e punti rossi di tabacco ad intensità variabile sembrerebbe quasi che il fiume sia un lenzuolo di seta tagliato dal gesto maestro del beur all'angolo fra il boulevard belleville e la rue Pali Kao.
Angolo di 33° spaccati al centro delle forbici. Movimento raso del bicipite hallal (se lo è la carne che mangia lo sarà anche la carne che lo FA). Leggera pressione sulle dita sul nero della stoffa. Colpo di spalla e mano a disegnare una ellisse verso il basso, come una lunga virgola rovesciata pancia all'aria.
E volo. Ed il suono catastrofico di uno strappo che si fa taglio.
Morbido e rettilineo come il baffo di un gatto.
Lo strappo si fa taglio. Posizione iniziale.
Posizione finale, ad irreversibile compiuto. Le forbici incastrate nella mano destra, il braccio sinistro all'opposto del punto di partenza, come l'estremità di una molla che mi indica la discesa rapida verso il canal St. Martin.
Come seta un taglio al centro della senna.
Come segno un dito puntato al basso.

E ci discendo, io, infine al Canal St. Martin.
L'attesa delle gambe è molle come la delusione di chi va a Bastille e non sa che la Bastille non c'é più. Andata, partita, inutile. Rasa al suolo con tutti i suoi quintali di sale incostrati sul pavimento.
Soluzione fisiologica sgorgata all'incrocio fra le palpebre, lato naso, di chi si è goduto per un po' il fresco umido della cinta amena. A due passi dal porto senza poter partire.
Quel sale oggi guarda in basso il fiume che gli scorre sotto le gambe. Dal ponte della Concorde, prodotto dei materiali di risulta. Avanzo delle migliaia di statuette in miniatura che la Rivoluzione fece del simbolo del dispotismo.
Souvenir.
Già alla fine del Settecento la rivoluzione ed il souvenir.
Distruggo il muro e te ne vendo un pezzetto.
Faccio cadere il comunismo e ti organizzo un museo con le statue di Lenin.
Abbatto la Bastille e ti vendo i mattoni.
Maledette rivoluzioni. Dovevamo capirlo subito. Ma tanto peggio.
E certo che alla Bastiglia non mancavano i trattamenti speciali. nonononononononononononononononononono.
Il buon Voltaire se la chiacchierava amabilmente con Linguet e Brissot. E Latude sudava negli scantinati. Legava le sue camiciule come niente fosse.
Tutto per amore. Tutto per la Pompadour: un falso pacco bomba (oh dear! d'you remember yours iraki holidays?), la gendarmerie che si innervosisce. E lui che rifuta di dire che il suo pacco era un pacco per davvero. Vuole il cuore. Dritto al cuore. Vuole la sua donna. E se ne scappa, tranquillo e sereno per i camini delle torri. Vola via dal rifugio bastigliese (non ti piace l'opera, Jean Henri?). Vola via ben tre volte.
E chissà dove avrà trovato tutte queste camiciule.
E sopratutto dove avrà trovato la forza di ritornare alla prigione, alla vigilia della distruzione, alla vigilia della nemesi, alla vigilia della rivoluzione, per recuperare la magica scaletta.
– Scusi, lei…
– …
– Ero prigioniero alla Bastille.
– …
– Si, sono scappato, e vorrei tanto recuperare la scaletta nel camino…
– …
– Sa com'é, domani radiamo al suolo la prigione e vorrei farla diventare il simbolo della libertà borghese contro l'autoritarismo realista.
– …
– La metteremo al museo Carnavalet.
– Non avete calcolato Napoleone, monsieur…
– Uh? Foutu de rittttttttal.

Napoleone nostro se ne frega più di tutti e ci pensa lui a spaccare Parigi in due. A partire dalla Bastiglia. A rimontare verso la Villette. Creare un bassin. Un porto al nord. Un porto dove prima stava la galera (galera di pietra, hein…) e tracciare una linea retta di acqua potabile dal nord al sud.
Acque.
Acque che portano fin su alla perfida Albione. E non c'é storia: lui, il bassetto, non si sparerà mai il tramonto sotto i ponticelli e le chiuse. Non vedrà mai il passaggio dei flash turistici sull'acqua. Né tantomeno immaginerà che una discreta quantità di tendine marca quechua occuperà i bordi di questo prodigio topografico. o che come ragni gli uomini faranno il loro bozzolo di cartone appeso proprio lì, fra l'aorta e l'intezione dei ponti, sfidando il freddo ed il movimento sporadico dei motori che attivano le valvole e le pareti artificiali della sovrintendenza alle acque. Faranno tane che raccoglieranno calore contro la marea umidafreddaincipiente delle chiuse aperte, delle chiuse chiuse, delle chiuse svuotate.
Canal St. Martin. Parigi romantica in salsa barbone.
A nord allora il passaggio verso l'Inghilterra.
A sud un terrapieno di pattinatori e mercatini. Il canale coperto non nasconde gli sbuffi dei traghetti che passano sotto la superficie della strada. Una serie di pozzi ti ricorda che il cammino verde, sotto, è limaccioso.
Utile, certamente, per la viabilità dell'avenue de la République e del Bd. Voltaire. Ma che cosa fotograferanno i turisti dal battello quando sono sottoterra?
"Je veux partir pour l'autre monde
Par le chemin des écoliers".
Foto dall'oltretomba metropolitano.
Loro parcheggiano il battello al porto della bastiglia. Scendono. Guardano il mercato dll'antiquariato e fotografano l'opèra Bastille ed ignorano che proprio dove stanno poggiate le suole, attaccate al miracolo della gravitazione universale, all'incrocio esatto della retta della rue St. Antoine ed il pavé della piazza. Lì, proprio lì, c'era il maschio parigino col suo ventre pieno di vita.
Ed io invece mi faccio trasportare dall'acqua del canale. Il contatto lieve fra acque ed il corso del fiume ed il canale si sciolgono nel sonno mesto dell'infezione oblunga. Jusqu'à l'ocean.
Potrebbe stendercisi Ofelia ed arrivare ben più lontana. Passare come il corpo di Baldini sotto il pont au change. O come le carte che galleggiavano a pelo dell'acqua alle 9 di quel maledetto 25 ottobre 1499, quando i librai residenti sul ponte avevano esagerato col peso dei depositi.
La cultura faceva crollare il ponte centrale di Parigi ed apriva la strada alla costruzione del primo passaggio sulla Senna in pietra. Jean Trepperel, Antoine de Brie, Gillet Ardouyn, Antoine Vérard, Clément Logis: librai che verranno processati. Se la devono vedere con la municipalità di Parigi per il gesto maldestro. Un processo. E moneta sonante per la ricostruzione. Un rital (pure lui) invece se la ride: è Fra' Giocondo. Lui progetta il ponte più bello di Parigi.
La posizione degli archi è ancora un modello.

Lo sapevi Gildas? Sei sul Pont des Arts, ma gli archi sono gli stessi del Pont Neuf: la passerella delle arti originale è stata demolita. Era pericolante per via della guerra ed era anche troppo pericolosa per i battelli.
Troppe collisioni al di sotto del ponte fra il 1961 ed 1960.
Troooooooooooooooooooooooooppe collisioni. Capisci?
Collideremo dall'alto? Collideremo sul battello? La peniche, Gildas? Hai controllato che non passino le peniche? Hai controllato, gildas?
E l'ectospirosi, Gildas? Tu non ha paura dell'ectospirosi.
Nessun problema. Ora gli archi sono perfettamente simmetrici con quelli del Pont Neuf. Siamo a cavallo. E poi su queste tavole di legno aleggia (evidente: non lo vedi come aleggia?) l'aura sacra della benedizione chirachiana quel maledetto 27 giungo 1984. Si sono dimenticati pure di rifare il giardino.
E chissà se Jacques ci ha pensato che le racailles si sarebbero riunite da queste parti per seminare il panico fra gli innamorati ed i turisti.
O che Vincent, il visionario di Nation, avrebbe trascinato fin qui la sua bicicletta abitabile.
Io non posso gettarmi da qui.
Avrei preferito avere gli alberi ed i giardini alle spalle.
Avrei preferito avere un qualche impressionista a due metri. E parlare del gioioso riflesso arancio che da qui si scorge in lontananza. Il riflesso del fuoco di un jongleur. Giocoso giocololiere.
La gravitazione universale.
La gravitazione che tutto spinge verso il basso.
Non ci si può fare nulla.
Principio e fine della caduta.
Principio e fine del movimento cosmico.
Principio e fine di questo volo morbido di 11 metri (ma come si calcola, poi, l'altezza di un ponte?).
Principio e fine a sfidare di petto la caduta.
Il diaframma che si apre.
Le pupille, pure, probabilmente: roba da endorfine, adrenaline, mescaline.
Tutta roba naturale.
Tutta roba genuina, come la tua follia.
Maledetto Gildas.
Pluff.
Plongeon.

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2 risposte a “Esercizio di memoria II. Topografie. Acque.”

  1. TheLegs scrive:

    Rivoluzione. Ci stavo pensando giusto ieri. Quando la parola stessa diventa sublime. Aborro e adoro. Aborro l’abuso che se ne fa. Si parla di rivoluzione come se si parlasse di patatine speziate. E adoro il suono. Che ne so, pensa a quelle canzoni che contengono la parola “revolution”. Non so, pensa ai Beatles, o a Tracy Chapman. Sembra un suono che accarezza le ciglia dell’apparato uditivo.

    Scusa per il flusso di coscienza, ma mi è venuto un po’ così.

  2. artMobbing scrive:

    postegenerazionale
    postnucleare
    postimmondezzaio
    ipertermico
    ipercondizionato
    ipersurgelato
    termoventilatoeriscaldato
    sottovuoto
    surgelato
    Lenin si stende sul battello e vi saluta tutti quanti
    ciao ciao girl
    ciao ciao mydarling

    Hey girl!
    Sei tu quella alla fermata del bus.
    Avevi dimenticato la maschera antigas. E le tue ossa sono lì a gelare.
    Saranno secche nell’estate delle rivoluzioni finite.

    in quelle estati non faremo che mangiare le bigbabolrevolution

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